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Bianco   e    nero

Oltre il Bene e il Male

Il Medico della Peste e il Mercante del Tempo


*"L'uomo è una corda tesa tra la bestia e il superuomo – una corda sopra un abisso."* — Friedrich Nietzsche


Nella danza di ombre e luci che attraversa il viaggio di Granella, due figure si stagliano inquietanti eppure stranamente familiari: il Medico della Peste con il suo becco nero che fende l'aria come promessa di guarigione o presagio di morte, e il Mercante del Tempo, collezionista di istanti, trafficante di eternità smarrite, archivista di sogni non sognati.


Non sono semplici antagonisti. Non sono manifestazioni di male puro. Sono creature dell'interstizio, che abitano quella zona crepuscolare dove le nostre più nobili aspirazioni si fondono con le nostre più segrete ossessioni.


La maschera che protegge e soffoca


La figura del Medico della Peste non è un'invenzione fantastica. Durante le epidemie che devastarono l'Europa medievale e rinascimentale, veri medici indossavano il caratteristico costume con maschera a becco d'uccello, occhiali di vetro e lungo mantello cerato. Il becco prominente veniva riempito di erbe aromatiche, spezie e sostanze come l'ambra o la canfora – un primitivo filtro contro il "miasma", l'aria corrotta che si riteneva causa della malattia.


Erano figure terrorizzanti e allo stesso tempo portatrici di speranza. Attraversavano città devastate dal morbo, toccavano ciò che nessuno osava toccare, accostavano il loro volto mascherato a quello dei morenti. Non erano eroi – molti agivano per denaro, alcuni erano ciarlatani – ma rappresentavano comunque il rifiuto umano di arrendersi all'inevitabilità della sofferenza.


Ogni epoca crea i propri simboli per esprimere la lotta contro la malattia e la morte. Nel medioevo, il becco del medico della peste. Oggi, forse, la fredda precisione della risonanza magnetica o la comprensione algoritmica del DNA. Strumenti diversi, stessa disperata ambizione: strappare tempo alla morte.


Il mercante di ciò che non si può possedere


Il Mercante del Tempo è figura più elusiva, che attinge a tradizioni diverse: l'alchimista medievale alla ricerca dell'elisir di lunga vita, il Faust goethiano che vende l'anima per conoscenza e giovinezza, il collezionista ossessivo che accumula oggetti rari come tentativo di fermare lo scorrere dei giorni.


Cosa vende veramente questo mercante? Non il tempo in sé – che scorre inarrestabile – ma l'illusione di poterlo controllare, fermare, possedere. Raccoglie ricordi, sogni, momenti, non per malvagità ma per un'insaziabile fame di vita, un rifiuto di accettare la transitorietà dell'esistenza.


"Accetto pagamenti in sogni," sussurra. "Ma non do resto – solo rimorsi." Non è un truffatore – avverte onestamente del prezzo da pagare. Ma noi, creature di desiderio e nostalgia, siamo pronti a pagare qualunque costo per un assaggio di eternità.


La fusione delle maschere


Nel racconto, queste figure si sovrappongono, si fondono, si separano. A volte il Medico della Peste appare come minaccia, altre volte come figura ambigua che osserva da lontano. Il Mercante del Tempo sembra antagonista, poi rivelazione, poi forse liberazione.


È nella loro ambiguità che risiede la loro potenza. Non sono mostri esterni alla nostra esperienza – sono incarnazioni di aspetti della nostra stessa umanità. Ogni lettore attento riconoscerà in loro echi delle proprie contraddizioni:


Il medico che vuole guarire diventa ossessionato dal morbo che studia.

Il mercante che colleziona momenti finisce prigioniero della sua stessa collezione.

Colui che cerca di superare il tempo viene consumato dal tempo stesso.


Cosa direbbe Nietzsche?


Friedrich Nietzsche, filosofo del martello che frantumerebbe ogni certezza morale semplificata, riconoscerebbe in queste figure manifestazioni della volontà di potenza – non nel senso banale di dominio sugli altri, ma come forza vitale che spinge ogni essere a superare se stesso, a spingersi oltre i propri limiti.


Il tentativo di dominare la malattia, di trascendere la mortalità, di catturare il tempo che fugge – tutto questo è profondamente nietzschiano. È l'umano che si tende come un arco verso il superumano.


Ma Nietzsche vedrebbe anche l'insidia nascosta in queste ambizioni. Nel suo "Così parlò Zarathustra" ammonisce contro chi vuole arrestare il fluire dell'esistenza, contro chi dice "era" invece di creare nuove possibilità.


"Lo spirito di vendetta," scrive Nietzsche, è ciò che si ribella contro il tempo e il suo "era". Voler fermare il tempo, collezionarlo, possederlo – non è questo una forma di vendetta contro la vita stessa, che è perpetuo divenire?


La vera accettazione della vita, per Nietzsche, è "amor fati" – amore del destino, abbraccio totale dell'esistenza in tutti i suoi aspetti, anche quelli dolorosi e transitori. Non cercare di fermare il tempo, ma danzare con esso.


Specchi in frantumi


Medico della Peste e Mercante del Tempo sono specchi fratturati che riflettono aspetti della nostra condizione. Ciò che li rende inquietanti non è la loro estraneità alla nostra esperienza, ma la loro familiarità.


Chi di noi non ha mai desiderato fermare un momento perfetto, dire "fermati, sei così bello"? Chi non ha mai voluto sconfiggere la malattia, la vecchiaia, la morte – non solo per compassione verso gli altri, ma anche per terrore di ciò che attende noi stessi?


La loro zona grigia è la nostra zona grigia – quello spazio morale ambiguo dove i nostri più nobili ideali (guarire, preservare, ricordare) si fondono con le nostre più segrete paure (soffrire, perdere, essere dimenticati).


Oltre il racconto


Queste figure ci ricordano che ogni storia veramente profonda non offre semplici antagonisti, ma specchi nei quali possiamo scorgere frammenti della nostra complessità. Il vero "male" raramente si presenta come pura negazione – più spesso appare come distorsione di un bene, come ambizione nobile spinta oltre il suo naturale confine.


Il Medico cerca di guarire, ma nessuna guarigione può essere definitiva.

Il Mercante cerca di preservare momenti preziosi, ma nessuna preservazione può essere completa.


Entrambi rappresentano il rifiuto umano di accettare i propri limiti, la ribellione contro la nostra condizione mortale. In termini nietzschiani, incarnano sia la potenziale grandezza dell'umano che si spinge oltre sé stesso, sia il pericolo di perdersi in quest'ambizione.


Forse la saggezza felina di Granella ci suggerisce una via diversa: non il controllo ossessivo sul tempo che passa, ma la piena, consapevole presenza nel momento. Non il disperato tentativo di fermare la morte, ma l'accettazione della vita in tutte le sue contraddizioni.


O forse, come direbbe Nietzsche, è nella tensione stessa tra questi opposti – tra il desiderio d'eternità e l'accettazione della transitorietà – che si genera la scintilla della nostra più autentica umanità.


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Ho visto l'eternità svelarsi in mille sogni, ho attraversato il tempo tra le braccia di dei e sognatori... ma sai cosa? Ho ancora abbastanza curiosità per chiedermi cosa ti muove. E abbastanza fame per continuare ad andare avanti. A proposito, ho fame. Come sempre. Tu no?

Granella

Eye in the Sky